I  SEPOLCRI

I presepisti e coloro che hanno a cuore la sacra rappresentazione della nascita di Gesù Cristo, temono che la preziosa tradizione  finisca.
Il timore è fondato se si pensa che è meno sentito il desiderio di fare il presepio in famiglia o visitarli nelle parrocchie.
Mi sembra che anche i sacerdoti sempre meno insistano per creare nelle parrocchie cultori dei presepi, mentre propongono di offrire ai fedeli una simbologia della natività più essenziale.
E’ quello che è avvenuto per i Sepolcri. Quando ero bambino nelle chiese si curava in maniera quasi artistica la ricreazione dell’ambiente in cui Gesù ha vissuto gli ultimi momenti su questa terra.
Il sepolcro era il perno del triduo pasquale che coinvolgeva il sentimento religioso.

Certo i tempi sono cambiati. In passato - per la semplicità dei fedeli - presepi, sepolcri, via crucis, processioni ed altre forme esteriori fossero importanti per alimentare la fede. La cultura moderna, che vuole sostituirsi alla Fede, trova ridicole queste forme “popolari” , come se i fedeli di oggi fossero semplici spettatori che si fermano alle apparenze.

Nelle immagini seguenti sono riportati esempi di sepolcro di Cristo.

2018 Santa Lucia sepolcro Castel d'Azzano Sepolcro

 Il termine “sepolcro viene ancora oggi utilizzato nel linguaggio popolare di alcune regioni del Sud Italia per indicare quello che, più propriamente, andrebbe definito “altare” o cappella della reposizione”. In parole più spicce, corrisponde allo spazio della chiesa allestito al termine della “Missa in Cena Domini” del Giovedì Santo, destinato ad accogliere le specie eucaristiche consacrate e a conservarle sino al pomeriggio del Venerdì Santo quando, al termine della liturgia penitenziale, verranno distribuite ai fedeli per la comunione sacramentale.

E’ noto che dopo la messa vespertina del Giovedì Santo non sono consentite altre celebrazioni eucaristiche sino alla notte di Pasqua, per cui per la comunione devono essere utilizzate necessariamente le particole messe da parte la sera del Giovedì. Chi per fede, chi per curiosità, la notte del Giovedì Santo si muove per le vie cittadine in visita agli altari delle chiese, addobbati solennemente. La pratica di allestire gli altari della reposizione si è affermata in Europa già a partire dall’Età carolingia ed esprime l’idea del lutto e della sepoltura, avendo però una forte giustificazione teologica: è vero che i Cristiani nell’Eucarestia adorano il Cristo vivente, ma è altrettanto vero che Gesù è passato alla vita incorrotta attraverso una morte cruenta.

Nella consacrazione eucaristica si ripete e si riattualizza il triplice mistero di Passione, Morte e Resurrezione e, se alla sensibilità moderna sembra strano associare all’Eucarestia l’idea della tomba, è doveroso riguardare il mistero eucaristico in termini di reale sacrificio, in quanto la dimensione sacrificale non deve ridursi ad un fatto puramente simbolico ma fa realmente parte del “sacramento dell’altare”.  Nell’altare vengono collocati il tavolo, simbolo del sacrificio, il pane, i 12 piatti degli Apostoli e il tabernacolo dove è collocata l’Eucarestia… tutti doni e simboli umili, rappresentativi della comunità.

Tutto il resto della Chiesa viene oscurato, in segno di dolore perché è iniziata la Passione di Gesù; le campane tacciono, l’altare più grande è disadorno, il tabernacolo vuoto con la porticina aperta, i Crocifissi coperti.

In attesa che qualcuno dei nostri amici invii le foto del sepolcro della sua parrocchia, riportiamo un esempio di cammino verso il Golgota che i presepisti di Cuore Immacolato di Maria hanno allestito qualche anno fa con la collaborazione dei giovanissimi partecipanti al catechismo.

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